Fondazione Alberica Filo della Torre

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UN GIALLO LUNGO 20 ANNI

Il Delitto dell'Olgiata

La vita e l’impegno filantropico della nobildonna romana assassinata brutalmente nella sua residenza all’Olgiata nel 1991, uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi 20 anni.

Figlia della duchessa Anna del Pezzo di Caianello e del contrammiraglio Ettore della Torre di Santa Susanna, Alberica dei conti Filo della Torre di santa Susanna nasce a Roma nel 1949. Nella sua vita ha sempre amato l’arte e la pittura in particolare, una sua personale venne esposta al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Una passione, quella per la pittura e l’arte, che l’aveva sempre portata a inseguire il bello.

Durante la sua vita, assieme al marito Pietro Mattei, sposato nel 1981 e da cui ha avuto due figli: Manfredi e Domitilla, Alberica Filo della Torre ha svolto attività filantropiche volte ad aiutare i meno fortunati, bambini e persone disagiate, per le quali si è sempre impegnata con dedizione. La sua passione e l’attenzione nell’organizzazione di eventi benefici, frequentati dalle personalità più in vista del tempo, rappresentarono un vero approccio innovativo al charity.

Solo dopo 20 anni si arrivò all’arresto del colpevole

10 Luglio 1991

La Cronaca

Alberica è stata brutalmente assassinata il 10 Luglio del 1991 nella sua residenza all’Olgiata. Quel giorno nella villa a nord di Roma era in programma una festa per i dieci anni di matrimonio della contessa con il costruttore romano Mattei.  

Alberica Filo della Torre venne trovata nella sua camera da letto, era stata colpita con un oggetto contundente alla testa e quindi strangolata, con il capo avvolto in un lenzuolo insanguinato. Dalla stanza erano spariti alcuni gioielli. Per vent’anni vennero battute le piste più disparate ma solo dopo 20 anni dal brutale omicidio si arrivò all’arresto del colpevole, l’ex maggiordomo della tenuta, Manuel Winston Reyes

Gli Sforzi di Mattei

Le Indagini

Le indagini per la ricerca del colpevole dell’omicidio si sono protratte per vent’anni e sono state costellate da macroscopici e grossolani errori e lacune, soprattutto imputabili alla negligenza della Procura di Roma. Il responsabile fu trovato solo grazie agli sforzi economici e passionali del marito Pietro Mattei, noto costruttore ed immobilarista, che incalzó continuamente la procura di Roma.

La Svolta nelle indagini arrivò grazie al P.M. Francesca Loy che prese l’indagine di petto, mettendo a nudo le deficienze investigative della procura. Basti pensare che l’assassino avrebbe potuto essere assicurato alla giustizia pochi giorni dopo il delitto se soltanto la stessa Procura avesse ascoltato la registrazione del suo colloquio telefonico con il ricettatore al quale intendeva vendere i gioielli trafugati alla contessa. Mentre quella registrazione rimase inascoltata per vent’anni, sepolta negli archivi della Procura.

La tenacia di Pietro Mattei e l’impulso del PM Francesca Loy

Il Comportamento della Procura di Roma

La Condanna

La Procura di Roma aveva, nel corso degli anni, più volte richiesto la chiusura delle indagini, che sono potute proseguire, ed infine giungere alla soluzione positiva del caso, soltanto grazie alle continue istanze di riapertura e prosecuzione presentate dai familiari della contessa. Alla scoperta, e condanna, del colpevole non si sarebbe mai giunti se non ci fosse stata la continua attività di impulso dei familiari della contessa e se il fascicolo non fosse stato finalmente assegnato ad un Pubblico Ministero capace e tenace come la Dott.ssa Loy.

Manuel Winston Reyes da assassino è rimasto libero per 20 anni, in questo periodo si è sposato e ha chiamato sua figlia Alberica, come la contessa a cui ha tolto la vita. Il 9 ottobre del 2012, con sentenza definitiva, è stato condannato a 16 anni di carcere.

I Carabinieri del RIS

Lo Scandalo dei Reperti

Un contributo decisivo alla positiva soluzione del caso arrivò anche dai Carabinieri del Ris che analizzarono finalmente tutti i reperti trovando tracce evidentissime dell’assassino. Si pensi che i precedenti consulenti designati dalla Procura, sordi alle accorate istanze di Pietro Mattei, marito della contessa, si rifiutarono di esaminare tutti i reperti, ritenendo bastevole un esame a campione, e peraltro ricevendo dalla Procura per tali lacunose e maldestre attività compensi per decine di migliaia di euro.

I Carabinieri del Ris, appurarono, inoltre, che i precedenti inquirenti confusero i reperti relativi all’omicidio della contessa, con i reperti relativi ad un altro delitto. I familiari della contessa sono rimasti sconvolti da questi aspetti inquietanti e sconcertanti delle indagini, ed hanno potuto superare tante avversità con la ferma determinazione di difendere la loro amata congiunta, ma anche grazie ai risparmi di cui disponevano. Una volta scoperto e condannato l’assassino, il marito e i figli della contessa hanno dunque pensato di adoperarsi per tentare di aiutare le persone meno abbienti che avessero la sventura di trovarsi coinvolti in simili frangenti.

Sensazionalismo deontologicamente scorretto

La Stampa

Nel corso delle indagini, certa stampa, sempre alla ricerca di improbabili scoop, ha offeso la memoria della contessa con gratuite quanto infondate insinuazioni.
Si pensi che la banale circostanza che la contessa e il marito disponessero di un conto corrente in Svizzera, ove possedevano una casa per le vacanze, venne amplificata e distorta per alimentare l’infondato sospetto che avessero occultato all’estero ingenti e illecite fortune: si parlò del tutto a sproposito di conti miliardari nei quali sarebbero transitate ipotetiche tangenti. I familiari della contessa, già straziati per la tragica scomparsa della loro congiunta, si sono visti costretti ad agire giudizialmente anche su questo vergognoso ed infamante versante. Ne sono derivate moltissime sentenze di condanna per diffamazione, i cui proventi risarcitori sono stati in gran parte devoluti in opere di bene.

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